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      - egli pensa all'amorosa; ma io penso alla pelle: il più interessato san io, lasciando stare ch'io sono il più accorto: Figliuol caro, se tu ti senti il bruciore addosso, non so che dire; ma io non voglio andarne di mezzo - .
     
      Fermato così un poco l'animo si addormenta: e che sonno! che sogni! - Vi sono nella nostra vita certe impressioni umilianti che non abbiam coraggio di confessare, ma che il sonno ci risveglia quando il pensiero torna libero e ci presenta quel che vogliamo dire e quello che non vogliamo. Così don Abbondio minacciato sente già la schioppettata, e sogna tutto. E in questo sogno è riepilogata tutta la sua giornata. Eppure quest'uomo ha avuto un momento di coraggio! Spingete un vile in un muro e temete tutto dal suo coraggio! Preso alla sprovvista, nel suo impeto, col tovagliolo stringe la bocca a Lucia perché non pronunzi la parola fatale, e fugge in camera e grida come un toro ferito: - «Perpetua, Perpetua, tradimento aiuto!» - . Questa è la caricatura di natura.
      È la prima parte della sua vita; fin qui non è tutto don Abbondio. Fin qui va a salti, parla con frasi smozzicate, non è libero. E l'autore pare averlo dimenticato affatto e stiamo un pezzo senza sentirne parlare, quando ad un tratto ricomparisce. In mezzo ai prelati ed ai curati venuti a fare omaggio al cardinal Borromeo, siede in un cantuccio don Abbondio, tutto solo e da nessuno considerato. Un maggiordomo gli si avvicina e lo avvisa che l'Arcivescovo richiede di lui. Egli, abituato e felice a quella noncuranza, meravigliandosi di ciò, esce fuori con un «me?


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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