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      È reminiscenza di Tancredi che va per battezzare Clorinda ancora a lui ignota, eppure, quasi per presentimento, trema; e quando scioglie l'elmo riconosce la sua donna. Tasso non ha avuto bisogno della cagna con quel che segue. Paragoniamo ciò che è nel Tasso con ciò ch'è nel Grossi, per vedere la mano del maestro e quella dello scolaro, e perché possiate apprendere la differenza che passa tra il grande ingegno e il mediocre.
      Nel Tasso tutto procede tranquillamente, il sentimento è anzi trattenuto sí che scoppia all'ultimo:
     
      Poco quindi lontan nel sen del monteScaturía mormorando un picciol rio.
     
      Questo interessarsi anche del rio, è prova di quanto io diceva.
     
      Egli v'accorse, e l'elmo empié nel fonte,
      E tornò mesto al grande ufficio e pio.
     
      Mesto giá annunzia qualche cosa di nuovo, di doloroso.
     
      Tremar sentí la man, mentre la fronteNon conosciuta ancor sciolse e scoprio.
     
      Notate ch'egli non dice solamente: Mi balza il cor, che è il fatto nudo e grezzo.
     
      La vide, e la conobbe; e restò senzaE voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!
     
      La profonda impressione che deve fare la situazione creata dal poeta, non è scemata o impedita da mezzi artificiali esteriori. Quel restò è un accento fuori regola ed esprime a meraviglia un momento di stupore in cui pare come se un fulmine cascasse addosso a Tancredi.
      Vedete ora che sostituisce a tutto questo il Grossi.
     
      Oh Dio!... m'illuser, o il mio nome udiro?
     
      È un movimento transitorio che dovrebbe essere soppresso nell'impeto della commozione, come richiede la situazione.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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