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      Il mio sguardo avido volaSopr'il fior di tua beltate;
      Parmi udire una parolaDalle tue labbra rosate,
      La qual dice: Che desiaIl tuo cor, figliuola mia?
      Cara madre! altro non voglioChe guardarti in tutte l'ore;
      Su' gradini del tuo soglioVoglio struggermi di amore,
      Vo' versare un lieto piantoTra le pieghe del tuo manto.
      Voglio darti quel saluto,
      Che ti dié l'Angiol cortese,
      Quando, ai tuoi piedi caduto,
      Pel suo Dio sposa ti chiese,
      E con tremula e soaveVoce disse: o Vergine, Ave!
      Or perché non posso anch'ioPossedere un Angioletto,
      Che con lieve calpestio,
      Quando a sera vado a letto,
      Visitando la mia stanza,
      Vi lasciasse una fragranza?
      E d'intorno a me correndoMi afferrasse per la gonna,
      Carezzandomi e dicendo:
      Ti saluta la Madonna,
      Che mi manda da lontanoTuo fedele guardiano?
      Ch'estinguendo a un tratto il lume,
      L'origlier mi componesse,
      Poi le molli argentee piumeSopr'il viso mi stendesse,
      A vegliar stando amorosoIl mio placido riposo?
      Madre! madre! il mio desioNon guardar con occhi irati.
      La superba che son io,
      Se con tutt'i miei peccatiChieggo un bene che s'aspetta
      A te sola, o Benedetta!
      A te sola, ché tu solaDel Signor sei calamita:
      Bella assai fu la parolaCon cui Dio ti dette vita,
      E pensò mille anni e millePer formar le tue pupille.
      Tutte in ciel sono le stelle,
      Tutte l'acque ha l'oceano,
      E le grazie le piú belleDio ti chiuse nella mano,
      Quando china ai suoi ginocchiTu bassavi i tuoi begli occhi.
      Vago allor di tua fortuna,
      Ti copria d'un'aurea vesta,
      Ti poneva ai piè la luna,
      Ti poneva il sole in testa,
      T'ingemmava la persona,


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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