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      La situazione in Napoli era molto diversa. Lí una societá selvaggia da rappresentare, a quel modo che Walter Scott rappresenta la Scozia, a quel modo che la Spagna vive nel Gil Blas di Santillana. C'era qualche cosa presente ed attuale che ispirava i poeti, una vita appena spenta sotto il ferro di Manhès. In Napoli niente di quella vita primitiva e nessun elemento locale. Sotto quella reazione era impossibile lo sviluppo morale ed intellettuale, la letteratura era pura forma, sia che la chiamiate classica, sia che la chiamiate romantica. Mancava l'ispirazione diretta ed accesa perché presa sul luogo, tolta dal vero; c'era invece la scuola, un complesso di dottrine a priori, preconcetti che frenano l'immaginazione, diventano il criterio del critico, l'ispirazione del poeta. Scuola i classici e scuola i romantici.
      Vi ho detto che la scuola classica aveva per fondamento la correzione ed il riposo della forma, ed essa per lungo tempo ebbe il sopravvento. Comprendete perché. Gli uomini piú colti appartenevano ad essa, ed aggiungerò gli uomini che occupavano le piú alte posizioni sociali. Era scuola di studio e di coltura; se non l'ingegno, vi si ammirava la dottrina. Vi appartenevano il Puoti, il marchese di Montrone, il duca di Ventignano, Emidio Cappelli, la Guacci, Giovanni Manna, Francesco Ruffa, ed anche i giovani che venivano di Calabria a poco a poco affascinati, entravano in quella schiera, come avvenne al Baffi ed al Campagna.
      Quando si cominciò a sentire le impressioni di altre letterature, specialmente la tedesca e la francese, e si sentí l'influsso della scuola lombarda, i classici perderono a poco a poco terreno, e vagamente si disegnò un'altra scuola.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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