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      Mutilava la sua creatura perché l'atmosfera era cambiata, tornava poeta di occasione.
      Per farvi sentir bene quel che ho detto in astratto, prenderò due delle migliori poesie di occasione, le piú elaborate e che possono aspirare a certa importanza; quella sull'eloquenza e quella in morte di Alessandro Poerio.
      Federico Castriota aveva pronunziato in Potenza una splendida arringa. Il Sole, commosso, scrive un carme sull'eloquenza. Lasciando da parte gli splendori della forma, è la storia dell'eloquenza come s'imparava ne' collegi, con quella superficialitá, con quella volgaritá. Vi vedete comparire Demostene ed Eschine coi greci, Cicerone co' suoi romani, poi la notte barbarica. Quando i processi furono resi di nuovo pubblici per iniziativa del Beccaria e del Filangieri, ricomparve l'eloquenza ed ecco, accanto a Demostene e Cicerone comparire nello sfondo il Lauria, il Borrelli, il Poerio, in ultimo, coronato, Federico Castriota.
      Sará un discorso, un racconto storico, una predica, non è una poesia. Perché fosse poesia, dovrebbe esserci il sentimento dell'arte, il sentimento dell'eloquenza; e volendo fare la storia, era necessario vivificarla, darle nuovo accento, nuova forma, si che fosse innanzi a voi quel passato vivo, non ricordato. Parla del Poerio. Anch'io ho sentito il Poerio nella celebre causa di Longobucco alla quale accenna il poeta, e, se questi si fosse accostato all'argomento con sentimento poetico, quante immagini avrebbe dettato in lui quel vecchio vivuto per tanti anni in esilio, tornato allora dopo la seconda amnistia di Ferdinando II, e che, dopo si lungo silenzio, faceva riudire la sua voce nel foro per una causa che interessava tutti, specialmente per la nobiltá e l'importanza delle famiglie di cui si trattava.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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