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      Potea redimer con un guardo il mondo,
      E diede sangue sul nefando colle:
      Onnipotente, Ei sobbarcossi al pondoDella fatica, e imporporò le zolle;
      E noi, misero fango, abbietti vermi,
      Vogliam francarne sonnolenti e inermi.
     
      Segue a questo modo con altri argomenti. Avete una patria cosí bella, egli dice, e come non difenderla contro i despoti? - Voi capite che qui la poesia dovrebbe essere nel dare agli italiani il sentimento della bellezza del loro paese. Le alpi, il mare, il cielo italiano è roba comune; egli prima doveva sentire quelle bellezze, poi trovare una forma nuova, tale da fare impressione, e allora dice: andate a difendere questa bella patria:
     
      Abbiam tre mari e l'Alpi a baluardi,
      Abbiam le glorie dell'etá latinaE l'isole e i vulcani e i piú gagliardi
      Genii, e del mondo la cittá regina,
      Siam confortati da un april perenne,
      Dell'Occidente abitiam l'Edenne,...
      Or dove son gli Arcangeli pugnantiSulle porte di questo Eden divino?
      Ove i forti leon schierati innantiA questo Esperio incantator giardino?
      Qui non ascolti che querele e pianti,
      E rampogne al tedesco ed al destino...
      Ma con quest'armi in che potran giovareE l'isole e i vulcani e l'alpi e il mare?
     
      Dunque l'aprile perenne è la bellezza del ciclo italiano, noi abitiamo l'Eden dell'Occidente. Ma che sono tutte quelle bellezze singolari? Nomi propri addossati l'uno all'altro come le parole di un dizionario. L'autore enumera il mare, le alpi, i vulcani, come cose che non fanno impressione nel suo cervello, e perciò non potranno fare impressione su altri, mancato il sentimento.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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