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      Accanto a questa tendenza storica ce n'era un'altra tutta ideale ed artistica, cominciata con gl'Inni, che andava a concretarsi ne' romanzi e nelle novelle.
      Il giovane Cantú in mezzo ai suoi studii fu sorpreso da questa voga e volle anche lui scrivere un romanzo storico, frutto degli studii che faceva allora sul Medioevo, la Margherita Pusterla.
      Giá in questo primo saggio si sente qualche cosa di piú vigoroso che non sia nella scuola lombarda. Perché la tendenza letteraria contro cui pugnava la scuola era la forma idillica metastasiana nella quale s'era sciolta l'antica letteratura, e, nondimeno, in fondo, la scuola stessa era anche un idillio, idillio cristiano con quelle corde sí soavi in movimento, con quella rassegnazione che giunge fino alla consunzione ed alla tisi, con quel non so che di flebile e di molle di cui essa è penetrata. Cantú cercò pel suo romanzo corde piú sonore, tocchi piú vigorosi, effetti estetici piú violenti, cercò sprigionarsi da quell'aura molle e flebile del Grossi e degli altri e conseguire una forma artistica piú risentita.
      Poco poi abbandonò questa via. Cesare Cantú, artista poco felice, divenne Cesare Cantú lo storico. Tornò a quegli studii quando la storia in Europa era giunta al suo momento di crisi.
      Per farvi comprendere quest'autore vi debbo rapidamente fare il quadro del movimento storico che si presentava innanzi a lui. C'era una reazione spinta fino all'odio contro il secolo XVIII; Voltaire era la bestia nera, segno agli strali di tutt'i giovani scrittori del nuovo secolo, ed è anche per Cantú l'uomo contro cui piú spesso vibra saette.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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