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      Ultimo argomento di cui si occupò il Rosmini, fu l'unitá nazionale. Per lui quest'unitá d'Italia era un sogno, principalmente perché in Italia è il papa ed il potere temporale - secondo lui - è necessario alla libertá della Chiesa e del papa. Invece, come molti altri, mossi specialmente dal Gioberti, vuole una lega italica, un grande stato al nord - cacciato lo straniero dal Lombardo-Veneto - e gli altri principi rimasi illesi: la dieta di essi avrebbe avuto a patrono ed arbitro il papa.
      Certo, Rosmini ad alcuni piú spinti parrá retrivo, ad altri che sono indietro rivoluzionario. Ma alcune delle sue idee han fatto il loro cammino e devono parerci liberali in confronto non di quel che siamo e vogliamo divenire, ma di quello che eravamo allora: libertá della Chiesa, separazione della Chiesa dallo Stato, nomina de' vescovi sottomessa al popolo, un principio di governo costituzionale.
      Che cosa ha reso questo libro sí poco efficace? Fu tenuto chiuso dal 32 al 46, comparve al 48, fu sommerso nelle vertiginose vicende della rivoluzione; e in mezzo a tanti avvenimenti non si ebbe l'agio di raccogliersi a studiarlo per cavarne utile frutto. Poca efficacia ebbe sugli animi perché ciò che vuol essere efficace dev'essere eloquente, deve venire dal cuore - ed anche con tutto questo, sarebbe efficacia poco durevole quella di un pensiero solitario, non preparato innanzi nell'opinione e nel carattere d'un popolo. Al Rosmini mancò il popolo in cui applicare le sue idee.
      Ma intanto nell'esilio un altro forte ingegno lavorava allo stesso scopo e ripigliava quella bandiera con ben altra forza - Vincenzo Gioberti - di cui ora ci occuperemo.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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