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      Era il 1842, tutti disperavano delle sorti del nostro paese. Non è maraviglia dunque che Gioberti rimandasse il movimento politico a tempo indefinito.
      Costituita la lega italiana col papa alla testa, si potrá dare addosso allo straniero? Non ancora. Allora il papa ed i principi daranno le riforme, applicando nella vita civile ciò che giá esisterá nella vita ideale, nella dottrina. Gioberti non va al sistema elettorale, si contenta del sistema consultivo, secondo il quale uomini eminenti darebbero consigli al governo - primo passo ad un'emancipazione politica. Per la parte sociale, - e qui vedete l'influenza del movimento europeo - crede che le riforme debbano mirare a rendere il popolo piú agiato e piú istruito. Riconciliato il popolo con la borghesia, il basso con l'alto clero, effettuate le riforme politiche e civili, uniti i principi intorno al papa - l'Italia sará abbastanza potente da fare da sé - . Cosí l'impresa, che allora era aspirazione ardente di tutti e divenne poi il moto subitaneo del 48, per Gioberti doveva essere il risultato di tutta questa lunga preparazione.
      È spiegabile l'influenza del Primato nel Piemonte e nel resto d'Italia. Poca fede si aveva in Mazzini, la letteratura lombarda era considerata come un'arcadia, non c'era speranza d'intervento straniero, specialmente da che l'Assemblea francese aveva detto che il sangue francese si doveva versare per interessi francesi.
      Unica speranza era che si unissero principi e papa, in modo che l'Italia fosse abbastanza potente per lottare sola contro l'Austria, poiché la coscienza della propria debolezza era in tutti.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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