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      Quanti grandi italiani hanno avuto la forza di esporre la vita per la patria, di sopportare sacrifizii per essa! Ebbene, c'è qualcosa di piú difficile, a cui pochi giungono. Quando vedevo Garibaldi non sapersi temperare contro Cavour, mentre bisognava fare l'Italia, e altri patrioti fremere contro quelle intemperanze, dicevo: ecco uomini che mancano della forza di contenersi, di quella forza di mansuetudine di cui è sí nobile modello Alessandro Manzoni.
      Codesta mansuetudine allora veramente è forza quando non è prodotto di temperamenti linfatici e femminei, ma di animi forti che giungono a frenare anche le loro tendenze legittime innanzi al pensiero di poter fare danno al paese, ed uscire dai limiti razionali in cui l'uomo deve rimanere.
      Chi legge Manzoni, Pellico, Rosmini, vede la scuola lombarda sostituire agli sdegni ed alle vendette del secolo XVIII la mansuetudine di cui vi parlo, la quale nei mediocri e nei pedanti è debolezza.
      Passiamo ad una parte piú grossolana della forma letteraria, allo stile. Avevamo lo stile tragico, a grandi linee, a grandi contrasti, con parole aristocratiche, elevate, accademiche, classiche. Succede lo stile popolare, lontano dalla grandezza tragica che rivelava un ideale astratto, impregnato di realtá e dotato di due qualitá essenzialmente moderne e che rimangono inerenti alla forma letteraria; la fina analisi sostituita alla sintesi dogmatica di altri tempi, e la vivace rappresentazione plastica de' particolari la quale, se non dá le grandi linee dantesche, fa gustare le parti.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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