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      I miei prediletti sono tre in questa schiera ch'è passata innanzi a' nostri occhi. Il piú simpatico è Massimo d'Azeglio, il quale di quelle idee s'è servito soltanto come metodo, senza farsene propugnatore irremovibile, senza rimanervi pedantescamente attaccato, mostrando secondo le occasioni la forza della mansuetudine e dell'energia, - lasciando stare l'onestá e la lealtá del suo carattere che lo rende caro a tutti.
      Il secondo è il santo e il martire di questa scuola, Silvio Pellico, che nelle immortali Mie prigioni con semplicitá sublime espresse i suoi sentimenti, ed invece di predicare in astratto le virtú cristiane, le ha sentite e praticate nella vita.
      E finalmente, quasi non è necessario che ve lo dica, è il piú grande Alessandro Manzoni, non solo per la sua genialitá che lo mette al di sopra di tutti - specialmente aiutata dal vivo senso del reale che tempera quel che di troppo assoluto può essere ne' suoi ideali, dalla fina ironia, dall'analisi profonda, dalla vivacitá plastica della rappresentazione, - ma anche perché quell'anima armonica comprendeva tutte le opinioni, tutte le virtú, tutte le grandezze. Accanto alla sua mansuetudine era l'energia; Dio era con la patria; il suo cristianesimo era accordo di divino e di umano, forza che si contiene. E ciò spiega perché la sua memoria è cosí venerata universalmente, e perché, non ostante le discordie, avete visto tanta unanimitá nel chinarsi innanzi a lui. Anche quelli che non credono in Dio e nel Vangelo sono indotti a sentire simpatia verso quest'uomo; ed è naturale, perché se essi sono liberi di credere o di non credere, non sono liberi di non credere ciò che Manzoni attribuisce al suo ideale, alle idee, alle conseguenze che trae da un libro che molti possono non credere divino, ma che trattato a quel modo da Manzoni diventa consacrazione del mondo moderno.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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