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      Quando manca la materia, che altro è l'arte se non nugae canorae, vox prætereaque nihil, vano suono? - Capí che in quelle condizioni una vocazione letteraria sarebbe stata arcadica ed accademica e che il dovere era allora la vocazione politica: bisognava prima costituire la materia dell'arte, e poi passare ad essa.
      Cosí il legista trasformato in letterato si mutò in politico, deliberato a fare quanto poteva per creare la materia dell'arte, la nazione. Non smise gli studii letterarii. La letteratura considerata come fine a sé stessa, gli parve futile gioco da fanciulli; per lui era uno strumento di propaganda delle nuove idee, per preparare la costituzione della patria una e libera. Questi concetti egli li svolse poi lungamente.
      Si pubblicava un giornale, l'Indicatore genovese: Mazzini, Jacopo Ruffini e gli altri amici chiesero al proprietario di esso che permettesse l'inserzione di annunzi di libri nuovi, di articoli bibliografici. Ottenuto il consenso, gli studenti cominciarono a pubblicare brevi annunzi con giudizii molto sobri. Sceglievano le opere piú recenti, come quelle di Guizot e di Cousin, allora molto popolari per la loro opposizione alla restaurazione, qualche cosa di Berchet il quale allora cominciava a scrivere, i romanzi e le poesie di Manzoni e della sua scuola. Animati dal successo, ingrandirono gli articoli e svegliarono i sospetti della polizia: il giornale fu soppresso.
      Mancato loro il mezzo di propaganda letteraria, che fare? La Carboneria era bersaglio delle ire de' governi, perché il 21 era uscito da lei, e quelli ne facevano il capro espiatorio.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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