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      Quindi il suo stile è tutto immagini, ha qualche cosa di comune con quello di Victor Hugo e di Guerrazzi. Ma le immagini bastano a dare interesse all'idea? No, perché non cavate dall'intimo di essa, ma da un repertorio generale, preso specialmente dal Medio evo e dalla Bibbia, e diventato, a poco a poco, sua maniera, sua abitudine di esprimersi.
      Certe volte nella concitazione, gli escono forme vivaci ed anche originali. Quando per esempio, dice: «ciò che ad altri popoli è morte, all'Italia è sonno», sia vero o no, la forma è uscita da una fede viva nella durata d'Italia, è piena di senso e fa impressione. Ma di tali immagini ce n'è poche. Egli non ha l'osservazione diretta della natura, perché le immagini o vengono dall'intimo stesso d'una cosa che si presenta alla immaginazione, o dalla natura. Con questo si spiega perché ogni immagine di Dante ha qualcosa di suo. Mazzini ha scritto cosí sul tamburo, come gli veniva, ed il cerchio angusto delle sue immagini, lasciando stare il Medio evo e la Bibbia, è tutto nella musica e nella luce: quindi spesso vi parla di fede raggiante, di armonia, ecc. Per mostrarvi questo suo modo di rappresentare le cose piú semplici, e queste immagini che a forza di essere ripetute diventano comuni, e questa povertá di repertorio, vi citerò un suo brano, quantunque basti aprire un suo libro per accertarsene. Vuol dire una cosa assai semplice, cioè che i nostri padri ci hanno lasciato un'ereditá di sacrifizio e di martirio, e noi non abbiamo dimenticato di raccoglierla: ed ecco come si esprime:


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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