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      Ma in alcuni è attiva e produce i capolavori poetici, negli altri è passiva ed essi sono gli spettatori intelligenti che sentono e giudicano. Pochi la hanno attiva, innumerevoli l'hanno passiva. Negli ottentotti è quasi spenta, ne' parigini guastata, quindi la letteratura non può volgersi né agli uni, né agli altri. Che è la plebe? Miseri contadini, tormentati dalla fame, obbligati a lavorar per campar la vita, non hanno serenitá tale da poter sviluppare il loro gusto estetico, hanno appena qualche segno rudimentale di poesia, canti ancora rozzi i quali svelano non tanto il lavorio intellettuale quanto i bisogni materiali. Alla cima della societá sono i parigini, una classe la quale a forza di civiltá ha finito con estinguere in sé il sentimento spontaneo del bello, la freschezza dell'immaginazione, il calore del cuore, - classe ch'è tutta mente e logica e metterebbe volentieri alla fine di una poesia il quod erat demonstrandum, e innanzi ad una poesia si domanda: che giova?, e preferisce un poeta didascalico ad un poeta di puro sentimento e di pura immaginazione. A codesta gente la logica falsa le impressioni poetiche. È naturale che il Berchet chiami costoro parigini, poiché a Parigi non c'è che il bello diventato spirito, e non si tiene in conto se non l'homme d'esprit.
      In mezzo è un'immensa moltitudine di famiglie che compongono la parte piú viva della societá, soffrono e godono, hanno amori e simpatie, immaginazione e sentimento, in una parola, poesia.
      Ecco perché la letteratura dovrebbe indirizzarsi a questa immensa moltitudine che si chiama veramente popolo.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





Berchet Parigi