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      La poesia del Medio evo nasce in mezzo alle visioni. La Divina Commedia essa stessa è una grande visione; e quando il poeta vuol rappresentare qualche lato della scienza di quel tempo, lo fa a quel modo, con simboli biblici, quasi con la pretensione di far credere agli altri le sue visioni.
      Dopo, l'Italia ci si presenta con un certo sorriso incredulo sulle labbra, e le visioni diventano pura imitazione, e invano tenta risuscitarle il Varano, perché i suoi versi non corrispondono né allo stato della societá né a quello del suo animo. Ed esse sono oggi possibili? Dico sí. Quando mettete in iscena la plebe ancora ingenua, quando volete fare un canto popolare e vi lanciate in mezzo a quella gente che serba intatta la fede natía, allora la visione è possibile, allora potete rappresentare una madre che veda il suo bambino accanto a Maria, una fanciulla che si veda morta e trasportata in cielo dagli angeli. E potete, perché quelle forme in tal caso corrispondono ad uno stato della societá. Ma la poesia alta, quella che è espressione della piú culta parte della societá, non le comporta piú; per lei sarebbero anacronismo.
      Berchet ha il merito di aver ringiovanito questo genere, ma dandogli nuovo indirizzo, e collocandolo sopra la sola base che oggi lo renda possibile. Prende il nome da Dante, autore unico nel genere: ricordate p. e. il verso:
     
      Allor si mosse l'alta fantasia.
     
      E che sono queste Fantasie? Certe volte, la Fantasia è degli uomini malinconici, concentrati, muti, che si separano dalla realtá e stanno continuamente astratti, rapiti, e si creano un mondo di fantasmi.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Secondo) La scuola liberale e la scuola democratica
di Francesco De Sanctis
pagine 590

   





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