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      Altra importantissima utilità della locomozione negli animali si è quella di sfuggire ai propri nemici. La Natura, se non in tutte le piante, nella maggior parte però ha provveduto con sapientissimi ripieghi. O sono dotate di una costituzione tanto prolifica (per via di gemmazione) che il dente ed il piede dell’erbivoro lunge di nuocere ad esse, in definitiva non fa che rinvigorirle e moltiplicarle, e questo è il caso delle graminacee. O rigurgitano di succhi amari, nauseosi e velenosi, od esalano gravi olezzi che le rendono temibili, rispettate ed aborrite, se non da tutti, almeno dalla maggior parte degli animali. O infine sono vestite di peli e di escrezioni viscose per rendersi inabitabili ai piccoli loro nemici, gl’insetti, oppure armate di aculei, di stimoli e di spine per difendersi dai nemici di maggiore statura. È noto quanto grande sia nelle piante la frequenza delle spine, armi alcune volte terribili, per es. nei Cactus, nelle Yucca ecc. L’uomo rozzo, ben prima di alcuni scienziati che sofisticarono essere le spine apparecchi elettrici, con felice intuizione ed applicazione della significazione biologica delle medesime, seppe usufruttuare le piante che le portano e farne insuperabili siepi a difesa de’ suoi poderi. Nelle gleditschie poi la funzione biologica delle spine è per sé tanto cospicua, da convertire ogni più incredulo avversario delle idee teleologiche. Le foglie dei rami più vicini alla terra, quelle insomma che sono soggette ad essere attaccate dagli erbivori, e sopratutto le tenerissime che escono da gemme avventizie verso la base del tronco arboreo, sono protette da tali robuste e terribili spine a più cuspidi, che mi penso farebbero indietreggiare un elefante.


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Memorie di biologia vegetale
di Federico Delfino
pagine 607

   





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