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      Ma data questa meritata lode non posso esimermi dall’insistere sulla debolezza dei suoi argomenti intorno alla questione che ci occupa.
      Partendo dalle teoriche di ordine fisico sulla commutazione delle forze e sulla loro costante equivalenza sotto diverse forme (moto, colore, elettrico, luce ecc.), l’autore nei complicatissimi moti, nei quali consiste e si esplica la vita vegetabile, non vede che una trasmutazione e consumazione di forze fisiche e chimiche procedente di pari passo coll’assimilazione e colla eliminazione delle particelle materiali. La costruzione e la moltiplicazione cellulare per lui non è che un lavoro meccanico proporzionale alle forze e particelle materiali assorbite ed amalgamate. Questa maniera di vedere mi pare manchi di base filosofica. Nel mentre riconosce la trasmutazione, la assimilazione, la eliminazione, le funzioni vitali insomma, trasanda poi del tutto il principio movente, iniziatore, coordinatore e subordinatore di detti fenomeni. Ammette il fatto e nega la causa, forse perché il fatto è tangibile per natura, mentre la causa è recondita ed intangibile. Ma questa non è valida scusa davanti al tribunale della filosofia. Che si direbbe di uno il quale esaminando un orologio non vedesse in quell’ordigno altro che una trasmissione e trasmutazione di forze dall’una all’altra ruota o cilindro, e non considerasse poi l’artefice che compose il medesimo, o chi giornalmente vi deposita ed accumula una misurata quantità di forza, rimontando la molla?
      Mi ricorre senza volerlo alla mente la tirata sarcastica del Mefistofele di Göthe:


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Memorie di biologia vegetale
di Federico Delfino
pagine 607

   





Mefistofele Göthe