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      «... Un secondo carattere è congruenza di fini egoistici (für sich selber). Noi ravvisiamo la vita soltanto là ove troviamo, in una determinata forma di ente, una catena di cause e di effetti che si riferisce da sé a sé medesima. Questa catena può avere anche una relazione fuori di sé ed uno scopo più elevato; ma lo scopo primario a cui tende è sempre la conservazione ed evoluzione propria. Qui sta il punto di distinzione tra l’attività meccanica e l’attività organica. Il meccanismo consuma se medesimo lavorando per lo scopo per cui fu composto. L’organismo invece si mantiene mediante la operosità propria»...
      «... Il carattere della specie si conserva di generazione in generazione anco sotto diversissime circostanze ambientali. Ciò non sarebbe possibile se l’essere vivente non possedesse la facoltà di accomodare le condizioni esterne al suo stato, oppure di accomodare il suo stato alle condizioni esterne; insomma se non operasse per attività propria. In fondo a quest’attività propria dee senza dubbio esistere una specie di spontaneità. Questa spontaneità coincide coll’istinto nel suo più largo significato; il quale istinto è malissimo inteso da colui che lo ravvisa e lo fa consistere soltanto in certe singolari azioni e costumi degli animali. Noi ammiriamo l’istinto delle api, ma dove troveremo i limiti tra cotest’istinti e i movimenti della vita negli infimi suoi gradini?»
      «Le estrinsecazioni di questo principio non possono essere il prodotto di una ragione (Vernunft) la quale sia diretta da sole impressioni dei sensi esterni; giacché non tutte si riferiscono al passato od al presente, ma molte anco al futuro; e poi vengono effettuate non già a tastoni o con irresolutezza, ma subito a bella prima colla stessa sicurezza che in seguito, venendo in parte a cessare allorquando si sviluppa la consapevolezza o conscienza di esistere nel mondo sensibile (Bewusstsein der Existenz in der Sinnenwelt). Ma come mai, senza consapevolezza, possono aver luogo azioni che tendono ad uno scopo e sanno raggiungerlo?


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Memorie di biologia vegetale
di Federico Delfino
pagine 607

   





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