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      [94] E non solo di Dio si convien parlare santamente, ma in ogni ragionamento dèe l’uomo schifare quanto può che le parole non siano testimonio contra la vita e le opere sue, perciò che gli uomini odiano in altrui etiandio i loro vitii medesimi. [95] Simigliantemente si disdice il favellare delle cose molto contrarie al tempo et alle persone che stanno ad udire etiandio di quelle che, per sé et a suo tempo dette, sarebbono e buone e sante. [96] Non si raccontino adunque le prediche di frate Nastagio alle giovani donne, quando elle hanno voglia di scherzarsi, come quel buono uomo che abitò non lungi da te, vicino a San Brancatio, faceva. [97] Né a festa né a tavola si raccontino istorie maninconose, né di piaghe né di malatie né di morti o di pestilentie, né di altra dolorosa materia si faccia mentione o ricordo: anzi, se altri in sì fatte rammemorationi fosse caduto, si dèe per acconcio modo e dolce scambiargli quella materia e mettergli per le mani più lieto e più convenevole soggetto. [98] Quantunque, secondo che io udii già dire ad un valente uomo nostro vicino, gli uomini abbiano molte volte bisogno sì di lagrimare come di ridere: e per tal cagione egli affermava essere state da principio trovate le dolorose favole che si chiamarono tragedie, acciò che, raccontate ne’ teatri (come in quel tempo si costumava di fare), tirassero le lagrime agli occhi di coloro che avevano di ciò mestiere; e così eglino, piangendo, della loro infirmità guarissero. [99] Ma, come ciò sia, a noi non istà bene di contristare gli animi delle persone con cui favelliamo, massimamente colà dove si dimori per aver festa e sollazzo, e non per piagnere: ché, se pure alcuno è che infermi per vaghezza di lagrimare, assai leggier cosa fia di medicarlo con la mostarda forte, o porlo in alcun luogo al fumo.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





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