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      [145] E quantunque il basciare per segno di riverenza si convenga dirittamente solo alle reliquie de’ santi corpi e delle altre cose sacre, non di meno, se la tua contrada arà in uso di dire nelle dipartenze: - Signore, io vi bascio la mano - o - Io son vostro servidore - o ancora: - Vostro schiavo in catena -, non dèi esser tu più schifo degli altri, anzi, e partendo e scrivendo, dèi salutare et accommiatare non come la ragione, ma come l’usanza vuole che tu facci; e non come si soleva o si doveva fare, ma come si fa. [146] E non dire: - E di che è egli signore? - o - È costui forse divenuto mio parrocchiano, che io li debba così basciar le mani? -; perciò che colui che è usato di sentirsi dire «signore» dagli altri, e di dire egli similmente «signore» agli altri, intende che tu lo sprezzi e che tu gli dica villania, quando tu il chiami per lo suo nome, o che tu gli di’ «messere» o gli dài del «voi» per lo capo. [147] E queste parole di signoria e di servitù e le altre a queste somiglianti, come io di sopra ti dissi, hanno perduta gran parte della loro amarezza; e, sì come alcune erbe nell’acqua, si sono quasi macerate e rammorbidite dimorando nelle bocche degli uomini, sì che non si deono abominare, come alcuni rustici e zotichi fanno, i quali vorrebbon che altri cominciasse le lettere che si scrivono agl’imperadori et ai re a questo modo, cioè: «Se tu e’ tuoi figliuoli siate sani, bene sta; anch’io son sano», affermando che cotale era il principio delle lettere de’ latini uomini scriventi al Comune loro di Roma, alla ragion de’ quali chi andasse drieto, si ricondurrebbe passo passo il secolo a vivere di ghiande.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





Comune Roma