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      [185] E lasciamo stare che a talora si affaticano a purgare l’altrui campo, che il loro medesimo è tutto pieno di pruni e di ortica; ma egli è troppo gran seccaggine il sentirgli. [186] E sì come pochi o niuno è cui soffera l’animo di fare la sua vita col medico o col confessore e molto meno col giudice del maleficio, così non si truova chi si arrischi di avere la costoro domestichezza, perciò che ciascuno ama la libertà, della quale essi ci privano, e parci esser col maestro. [187] Per la qual cosa non è dilettevol costume lo essere così voglioso di correggere e di ammaestrare altrui; e dèesi lasciare che ciò si faccia da’ maestri e da’ padri, da’ quali pure perciò i figliuoli et i discepoli si scantonano tanto volentieri quanto tu sai che e’ fanno!
     
      XIX [188] Schernire non si dèe mai persona, quantunque inimica, perché maggior segno di dispregio pare che si faccia schernendo che ingiuriando, con ciò sia che le ingiurie si fanno o per istizza o per alcuna cupidità, e niuno è che si adiri con cosa (o per cosa) che egli abbia per niente, o che appetisca quello che egli sprezza del tutto: sì che dello ingiuriato si fa alcuna stima e dello schernito niuna o picciolissima. [189] Et è lo scherno un prendere la vergogna che noi facciamo altrui a diletto sanza pro alcuno di noi, per la qual cosa si vuole nella usanza astenersi di schernire nessuno: in che male fanno quelli che rimproverano i difetti della persona a coloro che gli hanno, o con parole, come fece messer Forese da Rabatta, delle fattezze di maestro Giotto ridendosi, o con atti, come molti usano, contrafacendo gli scilinguati o zoppi o qualche gobbo.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





Schernire Forese Rabatta Giotto