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      -; né a scilinguare o balbotire lungo spatio per rinvenire una parola: - maestro Arrigo... No, maestro Arabico... O, ve’ che lo dissi: maestro Agabito! -: che sono a chi t’ascolta tratti di corda. [243] La voce non vuole esser né roca né aspera, e non si dèe stridere, né per riso o per altro accidente cigolare come le carrucole fanno, né, mentre che l’uomo sbadiglia, pur favellare. [244] Ben sai che noi non ci possiamo fornire né di spedita lingua né di buona voce a nostro senno; chi è o scilinguato o roco non voglia sempre essere quegli che cinguetti, ma correggere il difetto della lingua col silentio e con le orecchie: et anco si può con istudio scemare il vitio della natura. [245] Non istà bene alzar la voce a guisa di banditore, né anco si dèe favellare sì piano che chi ascolta non oda; e se tu non sarai stato udito la prima volta, non dèi dire la seconda ancora più piano, né anco dèi gridare, acciò che tu non dimostri d’imbizzarrire perciò che ti sia convenuto replicare quello che tu avevi detto. [246] Le parole vogliono essere ordinate secondo che richiede l’uso del favellar comune e non aviluppate et intralciate in qua et in là, come molti hanno usanza di fare per leggiadria, il favellar de’ quali si rassomiglia più a notaio che legga in volgare lo instrumento che egli dettò latino che ad uom che ragioni in suo linguaggio; come è a dire:
      Imagini di ben seguendo falsee:
      Del fiorir queste inanzi tempo tempie;
      i quali modi alle volte convengono a chi fa versi, ma a chi favella si disdicono sempre.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





Arrigo Arabico Agabito