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      L’uno era Padovano e l’altro laico,
      e se tu non parlerai sì lento, come svogliato, né sì ingordamente, come affamato, ma come temperato uomo dèe fare, e se tu proferirai le lettere e le sillabe con una convenevole dolcezza, non a guisa di maestro che insegni leggere e compitare a’ fanciulli, né anco le masticherai né inghiottiraile appiccate et impiastricciate insieme l’una con l’altra; se tu arai dunque a memoria questi et altri sì fatti ammaestramenti, il tuo favellare sarà volentieri e con piacere ascoltato dalle persone, e manterrai il grado e la degnità che si conviene a gentiluomo bene allevato e costumato.
     
      XXIV [252] Sono ancora molti che non sanno restar di dire, e, come nave spinta dalla prima fuga per calar vela non s’arresta, così costoro trapportati da un certo impeto scorrono e, mancata la materia del loro ragionamento, non finiscono per ciò, anzi, o ridicono le cose già dette, o favellano a vòto. [253] Et alcuni altri tanta ingordigia hanno di favellare che non lasciano dire altrui; e come noi veggiamo talvolta su per l’aie de’ contadini l’un pollo tòrre la spica di becco all’altro, così cavano costoro i ragionamenti di bocca a colui che gli cominciò e dicono essi; e sicuramente che eglino fanno venir voglia altrui di azzuffarsi con esso loro, perciò che, se tu guardi bene, niuna cosa muove l’uomo più tosto ad ira, che quando improviso gli è guasto la sua voglia et il suo piacere, etiandio minimo: sì come quando tu arai aperto la bocca per isbadigliare et alcuno te la tura con mano, o quando tu hai alzato il braccio per trarre la pietra et egli t’è subitamente tenuto da colui che t’è di dirieto.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





Padovano