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      Giunse alle orecchie del conte di Modica la notizia che stavano già per arrivare in Sicilia gli ambasciadori spediti dal parlamento di Barcellona, per intimargli di metter giù le armi, e di non più molestare la regina Bianca. Non potea egli disubbidire senza incorrere nello sdegno dei suoi nazionali; pensò dunque di prevenirli, e di tentare, se gli era possibile, di avere nella mani questa principessa, anzichè arrivassero gl’inviati di Barcellona. Essendo egli dunque nella città di Alcamo non distante da Palermo che ventotto, o trenta miglia, radunò tutta la sua gente, e di notte marciò verso la capitale. Per quanto grandi fossero le diligenze che egli adoprò, acciò la sua marcia restasse celata, non isfuggirono la vigilanza di coloro, ai quali stava a cuore la salvezza della regina. Fu essa subito avvisata, e sollecitamente uscendo dal suo palagio s’imbarcò colle damigelle sulla galea, che era comandata dal Torella, e indirizzandosi verso il lido, dove oggi è il molo nuovo, e che chiamavasi allora s. Giorgio, si pose in sicuro (44).
      Restò oltremodo sdegnato il conte di Modica nel vedersi scappata la sua preda. Il Fazello (45) modestamente dice, ch’ei vedendosi fallito il colpo, fe’ cose da pazzo: Plura [25] velut insaniens non dissimulanter egit, e con pari modestia scrisse il Caruso (46), diede, dice egli, nelle smanie, e in debolezze indegne di un suo pari. Ma il Maurolico con sincerità storica (47) non esita punto a propagare le di lui debolezze, e racconta che il Caprera entrato nella camera della regina, e trovato il di lei letto sconvolto, e ancor caldo, abbia detto: se ho perduta la pernice, rimane in mio potere il nido: ubi cernens cubile turbatum, quale solet ad subitum timore relinqui, perdicem, ait, perdidi, sed nidum teneo, e soggiunge che diviato spogliandosi delle sue vesti, si coricò nelle tiepide piume, e voltandosi per esse colle narici aperte, fiutando a guisa di un cane da caccia, andava dietro all’odore della preda; protinusque depositis vestibus, lectum, ut adhuc erat tepidum, subit, ac per totum se volutans, et subinde spiritum per nares traens significabat, obganniens more venatici canis, ad lustrum ferae sese odore delectari (48). Così questo vecchio stolto, lussurioso e rimbambito


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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