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      Forse l’Auria opinò così, intendendo male quanto lasciò registrato il Surita (95). Il racconto di questo storico non porta altro, se non che, trovandosi il re [37] Ferdinando gravemente infermo in Perpignano, e con poca speranza di superare il grave male, da cui era molestato, e avendo udito dai suoi consiglieri che i Siciliani persistevano nella volontà di avere per re uno dei di lui figliuoli, come ne erano stati avvisati da Ferdinando Velasquez, e che era da temersi che eglino tentassero di far ciò che fatto aveano alla morte del re Alfonso e all’assunzione di Giacomo al trono di Aragona, quando elessero per sovrano l’infante don Federico, era disposto, per impedire ogni novità in Sicilia, a richiamare l’infante Giovanni. Ma che ciò non siesi eseguito, lo dinota lo stesso annalista, il quale soggiunge, che essendosi considerate le circostanze nelle quali erano i regni di Napoli, e di Sicilia, per cui era necessaria la presenza di questo principe cotanto amato dai Siciliani, fu determinato di non innovar nulla, e di lasciare all’infante la libertà di restarsi, o di partire, e nel secondo caso di inviargli le istruzioni, se mai si risolvea di abbandonare questo governo. Forse l’infante Alfonso, che temea che non gli mancasse il regno di Sicilia, ordiva questa macchina, e infatti egli sollecitava il fratello, sotto il pretesto della pericolosa infermità del padre, a venire alla corte.
      Prima che arrivasse in Sicilia la funesta notizia della morte di Ferdinando il giusto, decise l’infante Giovanni una delle pendenze, che erano fra l’ammiraglio Lihori, e il conte di Modica.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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