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      Le umili preghiere del B. Pietro Geremia, e la condiscendenza del vicerè Ximenes de Urrea non servirono che ad accrescere gli insulti. Non guari passò, e appunto nello stesso mese, che si videro affissati per la città dei cartelli ingiuriosi non meno a questo santo religioso, che ai suoi confrati. Gli uffiziali catanesi ne avvertirono subito il governo, e Ximenes de Urrea sotto la data dei 3 di luglio scrisse una seconda lettera allo stesso vescovo (222), avvisandogli di avere incaricati gli stessi uffiziali di adoprare ogni diligenza per iscuoprire gli autori di codesti cartelli, e nel caso che fossero ecclesiastici, di carcerarli, e consegnarli, per essere puniti, alla curia vescovale, e suggerendogli che ancora egli facesse delle pratiche per svelarsi il reo, e per conoscersi se vi avessero avuta parte gli ecclesiastici; nel qual caso vuole che sieno severamente gastigati ad oggetto d’incutere terrore agli altri, e col loro esempio impedirsi che in avvenire si cadesse in simili eccessi.
      Così questo vicerè andava procurando che vi fosse la tranquillità nel regno, che egli governava, e che si amministrasse in esso la giustizia. Noi sospettiamo che nel [69] viceregnato di questo cavaliere i tunisini abbiano ritornato ad inquietare il commercio nostro marittimo, e che egli abbia spedito al loro re il padre Giuliano Majali monaco di S. Martino, di cui si è altrove fatta menzione, cui fu unito il milite Antonio Dentici. Nasce il nostro sospetto da una lettera scritta da esso vicerè sotto la data di Palermo all’ultimo di maggio 1443, e diretta: Fratri Juliano, et Antonio Dentici militi regiis ambasciatoribus.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



Appendice - Indici - Note




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