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      In essa duolsi l’Urrea, che dopo la loro partenza non abbiano dato alcuno avviso, nè di essere arrivati, nè di ciò che avessero operato, le quali cose desiderava il re Alfonso di sapere, e perciò li prega a non trascurare di scrivere in quale stato fossero le cose, affinchè egli ne potesse riscontrare sua maestà (223). La lettera non accenna nè dove sieno stati mandati, nè per qual cagione sieno stati destinati ambasciadori, ma siccome fu eletto principalmente il padre Giuliano Majali, di cui si è detto in quanta estimazione fosse tenuto presso il re di Tunisi, non sembra inverisimile, che questa sia stata diretta a quel principe.
      In questo tempo dovettero le chiese di Sicilia assoggettarsi ad un donativo, che richedea Alfonso per sostenere il peso della guerra. Scrive il Pirri (224), che Niccolò Tedeschi arcivescovo di Palermo vi si oppose, assegnando per mottivo, che senza il previo consenso del romano pontefice non poteano le chiese aggravarsi di collette. Perciò il re ricorse ad Eugenio IV, il quale, siccome era restato contentissimo della guerra che facea questo sovrano contro lo Sforza per riconquistare alla santa sede la Marca, gli concesse che potesse tassare gli ecclesiastici dei suoi regni per la somma di ducento mila scudi di oro sotto il pretesto che dovesse armare contro il turco, e inoltre lo quittò delle cinquanta mila marche di argento, che pagava alla chiesa romana per il regno di Napoli (225). Dovette adunque Ximenes de Urrea, inerendo agli ordini reali corroborati dal permesso pontifizio, obbligare le chiese di Sicilia a pagare la rata corrispondente della somma additata.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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