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      Mentre il re guerreggiava coi Fiorentini, era per conseguenza chiuso ogni commercio fra questi, e i Siciliani. Pur nondimeno, come suole spesso accadere, molti dei nostri faceano occultamente traffichi con quella nazione, malgrado il sovrano divieto. L’uomo corre dove crede di trovare dell’utile, e del guadagno, ed arrischia talvolta di perder tutto per trarre un maggior lucro dalle sue derrate, o merci. Molti erano stati scoverti rei di avere trasgrediti gli ordini reali, e contro altri si stava compilando il processo per gastigarneli. La città di Palermo, madre amorosa dei suoi concittadini ed abitanti, spedì alla corte un certo Leonardo (che non potè certamente essere Leonardo di Bartolomeo (291), e perciò non sappiamo chi mai si fosse stato), per ottenere dal magnanimo, e clemente monarca l’indulto per tutti coloro, i quali avessero, non ostante la sovrana proibizione, praticato, contrattato, trafficato coi Fiorentini, e [81] con altre persone, colle quali era vietata ogni comunicazione. Il re benignamente accolse la supplica, purchè intorno a questo delitto prima dell’arrivo dell’inviato dell’università non si fosse transatto intorno alle pene dovute ai rei. Questa grazia fu segnata da Alfonso nella terra di Trajetto ai 5 di marzo (292) 1456, e di poi eseguita da Lupo Ximenes de Urrea in Palermo ai 23 di aprile dello stesso anno, come costa dal dispaccio viceregio pubblicato dal de Vio (293).
      In questo istesso anno convocò il riferito vicerè il parlamento ordinato dal re Alfonso nella solita sala del regio palagio; non sapremmo però dire in qual mese, o giorno, poichè gli atti non lo accennano.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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