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      Sospettarono dunque che costui fosse stato anche mandato in terra per raccogliere la moneta veneziana, che era in Trapani, e però opinarono, che padron Giorgio Dragone fosse reo di due delitti, cioè di aver fatto scandagliare il fondo del porto, e di avere fatto estrarre moneta dal regno, e quindi lo imprigionarono ancora, e diedero conto di ciò, che si era da loro operato, al vicerè. Era il Dragone sicuramente amico dell’arcivescovo di Genova, il quale osservando la di lui prigionìa, lo raccomandò al vicerè de Requesens, e nella lettera si mostrò inclinato a mettersi al servizio del re di Aragona. Il Requesens fe’ esaminare dai suoi ministri le reità, delle quali veniva incolpato il veneziano Dragone, i quali non reputandole così gravi, nè degne di meritar castigo, furono di avviso che dovesse esser posto in libertà col suo marinaro, e che segli dovessero restituire i denari che avea addosso. Stando a questo parere dei suoi consiglieri il vicerè con dispaccio dei 7 di giugno (344) comandò, che non avendo altri delitti il Dragone fosse subito scarcerato, restituendoglisi [92] tutto ciò che gli era stato sequestrato. Rispondendo di poi all’arcivescovo di Genova, e riscontrandolo di quanto avea ordinato a sua contemplazione a favore del suo raccomandato, in riguardo all’offerta di quel prelato, l’accetta, e gli dice che avrebbe mandato a Trapani con una galea Consalvo di Nava, e Bartolomeo la Torre per condurlo in Palermo; o se non vi volesse venire, per stabilire con esso gli articoli della convenzione.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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