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      Era ammirabile in questo vicerè la saggia condotta, con cui cercando il servizio del Sovrano, si guardava dall’angheriare i vassalli. Ne diede egli una manifesta prova nel mese di novembre dello stesso anno 1470. L’abuso introdottosi in Sicilia di moltiplicarsi i muli, avea reso rari i cavalli, ciò, che tornava in disservizio del Sovrano, la di cui cavalleria potea difficilmente montarsi; e però fu costretto fin dall’anno 1469 di promulgare una prammatica, con cui per rendere necessaria la razza dei cavalli vietava ai marchesi, conti, baroni feudatarî, e a’ cittadini onorati di far uso di soli muli; ordinando, che ciascheduno di essi dovesse tenere tanti cavalli, quanti muli; e che se non potesse tenere, che una bestia, questa dovesse esser cavallo, e non mula. Volle inoltre che coloro, che avessero armenti di giumente, fossero costretti almeno a farne coprire due parti da cavalli, ed una sola da somari stalloni. Ne eccettuò da questa legge le mule da basto, e di affitto, e quelle che servivano per macinare il grano. Le pene stabilite ai contraventori di questa prammatica erano di mille fiorini per i conti, e i visconti, di oncie cinquanta per i gentiluomi, e di oncie venticinque per qualunque altra persona (395). Queste multe pecuniarie sembravano gravi, e poteano dar luogo ad accuse fiscali a danno de’ vassalli. Imperò il pretore, e gli uffiziali di Palermo pregarono Lupo Ximenes de Urrea, acciò si fosse compiacciuto di toglierle; ed egli umano, e ragionevole divenne a sospenderle, e a riserbare a sè il gastigo di coloro, che trasgredito avessero la prammatica (396).


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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