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      Cessato ogni tumulto, e dato luogo alla riflessione, fu risoluto di mandare quattro altri ambasciadori al vicerè per ottenere la liberazione dei tre loro cittadini. Prima che costoro arrivassero, i prigioni erano stati estratti dalle carceri, e lo Staiti era già stato posto in libertà. Il conte di Prades si era lasciato persuadere a far questa grazia pelle preghiere dei parlamentarî; ma per fare ogni cosa ordinatamente avea prima chiamati gli ordini dello stato nella chiesa di S. Agata, col consenso dei quali fe’ sprigionare i due, Bonfiglio, e Gotto. Lo Staiti fu presente a quell’adunanza, malgrado l’arresto in casa, così consigliato dal Sollima, che verisimilmente ne avea ottenuto il segreto permesso dal vicerè (464).
      Terminate queste vertenze fu cominciata la seconda sessione, e fu proposta dal Cardona la contribuzione del 10 per cento sopra tutte le rendite, per riparare i forti della Sicilia. Non furono uniformi i pareri dei parlamentarî. Coloro, che erano stati guadagnati da esso, si uniformarono al di lui sentimento; altri si opposero; ed altri cercarono tempo a deliberare. Quando toccò a parlare allo Staiti, egli con un’eloquente orazione fe’ rilevare i danni che sarebbono accaduti alla nazione, ed in conseguenza agl’interessi ancora dei sovrani, se per poco si accettava il proposto dazio, per cui il regno si sarebbe ridotto alla estrema povertà, e si correva risico d’inasprire gli animi dei Siciliani in un tempo, in cui era espediente di allettarli coi benefizî. Dichiarò di poi, che egli tanto più volentieri palesava gl’interni sensi del suo animo, quanto la sua patria non avea interesse in questo affare; giacchè il signor vicerè avea promesso di renderla immune da questo dazio, e di somministrare ancora una grossa somma di denaro per riparare le sue fortificazioni, ogni volta che i Messinesi approvassero questo progetto.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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