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      Continuava intanto egli a molestare il baronaggio, e le prime sue mire furono indiritte contro il maestro giustiziere, che forse era suo nemico, ed uno di coloro che gli aveano scritto contro. Si è sulla fine del capo antecedente raccontato, che questo cavaliere trovandosi privo di assegnamento, come presidente del regno, ed avendo fatte molte spese per conservarlo, col voto del sacro consiglio si avea fatto assegnare mille, e cinquecento fiorini di salario, e interinamente mille sopra l’estrazione de’ grani che si facea da’ porti di Sicilia, giacchè non potea questo denaro pagarsi dal regio erario. Egli non ne avea conseguito, che novecento cinquanta, cioè onze 190. Ci è ignoto cosa avesse rappresentato lo Spes alla corte di Aragona per mostrare, che non segli dovesse codesto salario; il vero fatto è, ch’egli ottenne che si obbligasse il maestro giustiziere a restituire quanto avea esatto, e ritornato in Palermo spedì a’ 10 di dicembre 1485 un dispaccio sottoscritto ancora da’ maestri razionali, e dal tesoriero, e dirizzato a Giacomo Marchese eletto commissario, affinchè obbligasse il mentovato conte di Adernò a restituire fra lo spazio di otto giorni la somma che avea percepito (508), e con ordine, se nel prescritto termine non pagava, di entrare lui ne’ contadi, e terre del medesimo, e di esigere a forza le onze cento novanta, per poi consegnarle al regio tesoriero.
      Intanto in Napoli il baronaggio si era rivoltato contro il vecchio Ferdinando, non potendo più soffrire gli aggravî, da’ quali era oppresso dal real principe Alfonso II, il quale stante la decrepitezza del padre regolava ogni cosa a suo modo.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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