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      Per continuare nel possesso di questo florido regno avea egli indotto la regina sua moglie a prescrivere nel testamento, che quantunque la erede fosse la suddetta principessa Giovanna, ciò non ostante volea, che l’amministrazione della Castiglia restasse nelle mani del re di Aragona suo marito, fino che Carlo primogenito di essa sua figliuola fosse in età di governarlo. Questa testamentaria disposizione non andò a genio dell’Arciduca Filippo, il quale credendo lesi i suoi diritti, conte marito della erede, si accinse a contrastarla, e armando pretese d’impossessarsi della Castiglia, di cui cominciò a sottoscriversi re, da che seppe la morte della suocera (601).
      Considerando il re Ferdinando il Cattolico che privo della Castiglia diveniva in Ispagna un piccolo sovrano, giacchè l’Aragona e per estensione, e per entrate, e per potere a fronte della Castiglia era un menomo stato, pensò di sostenersi nell’amministrazione dell’eredità della figliuola, e di difendere colle armi alle mani il testamento della difonta regina (602). Poichè però a imprendere questa nuova guerra gli bisognava molto denaro, così ordinò al vicerè la Nuça, che convocasse un nuovo parlamento per ottenere dai Siciliani un altro sussidio. Fu questa assemblea parlamentaria tenuta in Palermo nel mese di luglio dell’anno 1505 (603), ed in essa venne a capo questo vicerè di ottenere un [138] donativo di trecentomila fiorini pagabili al solito nello spazio di tre anni, e anche il solito regalo per sè di cinque mila fiorini.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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