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      I sollevati delle altre città, per rendersi più forti richiesero di collegarsi con quelli di Palermo, i quali divenuti più insolenti dall’osservare che veniva ricercato il loro [160] appoggio, già pensavano di impossessarsi del castello di Palermo, rendendosi così colpevoli di fellonia, quando non erano finallora stati, che di una tumultuazione. Il Pignatelli, che avrebbe dovuto, e potuto trovare i mezzi da riparare a così grande perturbazione di cose, stavasene timoroso nel vecchio palagio, nè prendea espediente veruno. Ma gli amanti della patria, che ne prevedevano la totale rovina, pensarono di fare da per loro ciò, che era conveniente per liberarla (708). E portatisi segretamente dal conte di Monteleone gli esposero, che prendevano a loro carico di salvar la città; solo chiesero, che ei ne pregasse Guglielmo Ventimiglia signore di Ciminna, col di cui braccio erano certi di compire l’opera. Il dottante Pignatelli, invece di animarli, li scoraggiva, facendo loro presente quanto fosse malagevole cosa il vincere quei facinorosi resi oramai potentissimi. Mostrossi di poi renitente ad affidarsi al signor di Ciminna che ei credea che fosse il capo occulto dei sediziosi; ma finalmente assicurato da Pompilio Imperatore, che potea riposare sulla fedeltà di questo cavaliere, si indusse a chiamarlo, e a pregarlo, acciò in compagnia degli altri cavalieri liberasse Palermo, e la Sicilia dalle presenti calamità (709).
      Quantunque il Ventimiglia conoscesse quanto fosse ardimentosa la commissione, l’accettò, e promise che avrebbe fatto ogni opra, affinchè restassero compiuti i desiderî del luogotenente del regno.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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