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      Chi sà, se il Gonzaga, conoscendone l’insufficienza, non abbia perciò riserbato all’arbitrio dell’imperatore, e al suo il rimuoverlo?
      Checchesia del motivo, che ebbe il Gonzaga di darci per presidente il conte di Chiusa, egli è certo, che i Messinesi, temendo, giacchè erano privi di difesa, di non divenire il bersaglio degli Ottomani, ricorsero a Pietro Toledo vicerè di Napoli, il quale spedì tosto in loro soccorso delle truppe di fanti sotto il comando di Pietro Mendoza spagnuolo (847), cui si unirono i conti di Sinopoli, di Sibari e di Nicotra. Giunse in verità tardi, e poi che la squadra turca era partita, questo aiuto; non lasciò nondimeno di rallegrare gli afflitti Messinesi, i quali temeano che non fosse per ritornare. Il conte di Chiusa, restò per quel che scrisse il Caruso, dispiaciuto (848), che si fosse richiesto soccorso dal vicerè di Napoli, senza esserne stato prima consultato, e pensava di castigare severamente coloro, che l’aveano dimandato; ma temendo di non essere egli incolpato per la negligenza sua di aver trascurato di mettere quella città in istato di difesa, pensò che fosse miglior partito lo applicarsi a munire il regno.
      Ne era egli stato spinto dagli ordini di Cesare, il quale gli avea comandato, che convocasse un parlamento straordinario, così per un sussidio, che ei cercava nelle guerre col [186] re di Francia nelle Fiandre, e col Turco nell’Ungheria, come per una tassa da imporsi per mettere la nostra isola in istato di difesa. Egli perciò intimò questa straordinaria adunanza in Palermo per li 4 di marzo dell’anno 1544 (849). Espose nel detto giorno questo presidente del regno agli ordini dello stato i comandi che avea ricevuti da Cesare; e questi fatta la loro sessione, e considerate le miserie, in cui era il regno per i continovi sovvenimenti, che era stato costretto di dare, ora per aiutare il monarca, ed ora per difesa propria, non poterono offerire al sovrano un donativo maggiore di cento mila ducati (850). Stabilirono inoltre che per la custodia dell’isola si mettessero nelle mani del presidente del regno cinquanta mila scudi, per la qual somma restavano contenti, che egli vendesse tanti grani sulle tratte dei frumenti, quanti erano necessarî per cavarne i suddetti cinquanta mila scudi, colla condizione, che vendendosi di più, i sopravanzi andassero in conto dei cento mila ducati, che doveano pagarsi in un anno, e col patto ancora, che il regno potesse, quando gli fosse commodo, ricattare la detta tassa sopra i frumenti (851).


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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