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      Era perciò costretto a tenere delle armate nelle Fiandre, alle frontiere dei suoi regni spagnuoli, a Milano, e a Napoli, per resistere ai suoi nemici. Chiamò dunque il duca di Medinaceli il parlamento in Palermo per il dì 21 del seguente giugno, nel quale radunatisi gli ordini dello stato nel regio palagio, parlò ai medesimi rappresentando la necessità di soddisfare le soldatesche, e di continuare a sostenerne il peso per la custodia del regno, e l’impossibilità, in cui ritrovavasi il monarca di soccorrerlo per le guerre, dalle quali era oppresso, e chiedendo una straordinaria contribuzione ne’ pressanti bisogni, in cui era la Sicilia (924).
      Trovavasi il regno spossatissimo per i frequenti donativi, ch’era stato obbligato ad esibire all’augusto Carlo, che noi abbiamo [200] accennati: per il denaro somministrato per le fortificazioni, e il mantenimento delle truppe, che lo custodivano; e per quello che pagato avea affine di riparare le vie pubbliche, ed i ponti, per la mancanza dei quali era interdetto il commercio interno fra le città, e le terre. Le armate turche, che visitavano spesso i nostri mari, e le scorrerìe di Barbarossa, e di Dragutte, impedendo ogni traffico fuori della Sicilia, l’aveano anche ridotta alla estrema povertà. Ma ne’ casi estremi fa d’uopo di adoprare gli estremi ripari. Conosceano i parlamentarî che la sicurezza del regno esigea, che si pagassero le truppe, e le galee, e che si desse loro il soldo in qualunque modo in avvenire. In questo stato di cose risolvettero di offerire dugento mila scudi, per i quali, mancando la pecunia, si contentarono, che s’imponesse un dazio di un tarì per ogni salma di frumenti, e di altrettanta somma per ogni due salme di orzi, o di legumi, che si estraessero fuori del regno da qualunque porto, o di regio demanio, o delle terre dei baroni, e che questo dazio si potesse vendere per pagarsi col capitale l’offerto donativo (925). Volendo poi i parlamentarî rendersi benemerito il nuovo vicerè, non solo gli accordarono il privilegio solito, cioè di essere riputato come regnicolo, ma gli fecero anche il dono di dieci mila scudi, che alcun vicerè prima di lui non avea mai ricevuto.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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