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      Le circostanze allora del regno erano calamitose; e la carestia, e le visite dell’armata turca aveano ridotta la Sicilia in somma povertà. Nondimeno fu fatta l’oblazione di dugento mila scudi, e siccome questi non esistevano, fu preso il solito espediente d’imporre un dazio sulle tratte, e fu stabilito che per ogni salma di frumento, e per ogni due salme o di orzo, o di legumi s’imponesse un tarino, tre grani, e due piccoli, quale imposizione dovea poi pignorarsi per trarne il capitale, obbligandosi i parlamentarî a ricattarla nello spazio di quattro anni (942). In questa occasione gli ordini dello stato, avendo in considerazione le spese fatte dal vicerè nella sventurata spedizione di Tripoli, compassionando ancora la disgrazia accadutagli del figliuolo Gastone caduto in schiavitudine, e grati alla dolce, e plausibile maniera, con cui governava la nazione, gli fecero un dono di ventimila scudi (943).
      Mentre questo vicerè dimorava in Messina accadde in Palermo a’ 23 di settembre una tumultuazione, che quantunque fosse stata di poca durata, potea essere nondimeno dannosissima, ed apportare funeste conseguenze. Era stato questo anno sterilissimo, e quindi vi era una gran penuria di grani, i quali perciò crebbero a dismisura di prezzo. Costumavasi in Palermo a quella età, che il senato, come magistrato dell’Annona [205] provvedesse tutti i frumenti, ch’erano necessarî per il bisogno della città, e che somministrasse agli abitanti il pane sempre ad un dato peso. Ora avveniva negli anni carestosi, che l’erario della città soffriva grandissimi interessi, non solamente perchè comprando i grani ad un prezzo esorbitante, li vendea poi ridotti in pane assai meno di quel, che valeano; ma ancora perchè astenendosi i particolari dal far pane nelle proprie case, e provvedendosene ciascheduno dalle pubbliche piazze, grande era il consumo, che se ne facea, e doppiamente maggiore di quello, che faceasi negli anni ubertosi: lasciando di contare il prodigioso numero de’ miserabili, che vengono dai vicini paesi per satollarsi nella capitale, o di quelli, che vi corrono per comprare il pane di maggior peso, e ritornano di poi alle loro case.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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