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      Notar Cataldo si trattenne molto tempo nella sua patria, ma di poi ritornò in Sicilia, dove fu carcerato, ed in capo a tre anni fu sentenziato a morte, avendo i giudici deciso, che gli fosse prima recisa una mano, e poi fosse impiccato, e squartato. Questa sentenza fu eseguita in Messina nel mese di agosto 1566 (947). Il vicerè duca di Medinaceli, udendo la sollevazione suscitatasi in Palermo, si affrettò a venire, ma giunse quando già ogni cosa era tranquilla (948).
      Trovando intanto ogni cosa quieta, prima di ogni altro si applicò a sapere i nomi di coloro delinquenti, che non erano caduti nelle mani della giustizia, e non erano stati per conseguenza gastigati. A costoro fe’ sequestrare i beni a nome del fisco, acciò non restassero impuniti, perchè aveano avuta la sorte di scappare. Questa confiscazione fatta al Cataldo, e ai di lui complici, ch’erano fuggiti, apportò lo scompiglio nella capitale. Spesso avviene in cotali procedure, che gli innocenti restano confusi coi rei, e che sotto varî pretesti gli uffiziali del fisco, che non sogliono essere d’intemerata coscienza, e trovano il delitto laddove sperano di guadagnare, molestino coloro, che non sono punto colpevoli. L’università di Palermo perciò [207] accortasi de’ disordini, che nascevano alla giornata, per cui gl’ingordi ministri dissanguavano la gente dabbene, presentò al real trono efficaci suppliche, affinchè la M.S. si compiacesse di perdonare a’ delinquenti. Filippo II con reale clemenza accordò ai medesimi la richiesta venia, spedendo ordine al vicerè duca di Medinaceli, che promulgasse il generale indulto con certe riserve.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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