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      A queste triremi, delle quali dieci erano le nostre, erano unite intorno a cento navi bene armate, fra le quali contavasi un galeone portoghese di una enorme grandezza.
      Fu dato il comando di questa flotta a Garzìa di Toledo figliuolo del famoso Pietro di Toledo vicerè di Napoli, che si fe’ tanto onore nello assedio di Mahadìa, come abbiamo osservato nel capo antecedente. Questo comandante, avendo prima fatte le previsioni necessarie così di viveri, che di attrezzi da guerra, partì da Malaga a’ 10 di agosto, e giunse felicemente ad Alcalà città distante soli quindici miglia dal Pegnone. Fatto ivi smontare lo esercito, marciò con esso verso quella fortezza, e arrivato presso alla medesima vi fe’ piantare le batterie, e cominciò a far giocare l’artiglieria, ch’era comandata dal Doria. Al terzo giorno la guarnigione, atterrita alla vista di una così poderosa armata, nè sperando veruno vicino soccorso, abbandonò quel forte, lasciandovi per onore delle armi da circa trecento uomini, che furono la vittima de’ Cristiani, giacchè in parte furono trucidati, e in parte fatti schiavi. Venne perciò quel formidabile castello in potere di Garzìa di Toledo il quale, lasciandovi un presidio di ottocento, bravi [210] Spagnuoli, dopo questa breve, e fortunata spedizione se ne tornò, e in capo a poco tempo ricevette dal re Filippo il guiderdone delle sue azioni, essendo stato promosso, come fra breve diremo, al viceregnato di Sicilia.
      Non dimorò molto tempo il vicerè duca di Medinaceli in Messina, ma se ne ritornò a Palermo.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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