Prima che noi proseguiamo il racconto di quel che oprò il principe di Castelvetrano, per custodire il nostro regno, giacchè testè si è mentovato il giuoco della Canna, in cui si esercitò il serenissimo Giovanni d’Austria, e poichè ancora in questo libro (1054) abbiamo mentovato il giuoco de’ Caruselli, sarà opportuno, perchè i nostri leggitori intendano ciò che leggono, che descriviamo i diversi giuochi ginnastici, che furono in costume appresso di noi in questo, e nel seguente secolo. È superfluo, che si parli delle giostre, e dei torneamenti, ch’essendo stati in moda negli altri paesi, restano raccontati da tutti gli storici, che o registrano la storia de’ tempi, o parlano de’ giuochi degli antichi. Ci contenteremo adunque di accennare quelli che furono particolari alla Sicilia. Furono questi quello del Carusello, quello dello Staffermo, ossia del Saracino, e quello dell’Anello, detto ancora della Canna. Intorno al primo i signori enciclopedisti di Parigi (1055) pretesero, che questo giuoco era una corsa di carretti, e di cavalli, e consistea in una comitiva di molti cavalieri superbamente vestiti, ed equipaggiati alla maniera dei palatini antichi, i quali stavano divisi in diverse quadriglie, distinti per la forma degli abiti, e la diversità dei colori, e andavano in una piazza pubblica, ch’era come l’arena de’ loro combattimenti, dove si esercitavano in giostre, tornei, ed altri esercizî convenienti alla nobiltà. Volendo poi dirci per qual cagione si dicesse questo giuoco del Carusello, ne arrecano la più strana etimologia, volendo, che questa parola derivasse dalla italiana Carro, e ne fosse il diminutivo, per la piccolezza dei supposti carriaggi.