Convocò dunque il vicerè un parlamento straordinario in Palermo per i 17 di maggio 1586, ma nell’apertura di esso nulla delle mentovate cagioni apportò, per dimandare un sovvenimento al sovrano; ma solo si valse dell’occasione del matrimonio della infanta Caterina figliuola del re col duca Carlo Emmanuele di Savoja, per cui era necessaria una conveniente dote, che la cassa del re nelle presenti circostanze della guerra non potea somministrare (1145). Piacque ai parlamentarî di offerire per questo accasamento [250] la somma di dugento mila scudi siciliani, da pagarsi fra il termine di cinque anni. Come poi si era introdotto l’uso sotto il governo dei Colonna di fare al vicerè un donativo straordinario, così eglino ne offerirono al conte di Albadalista uno di trentacinque mila scudi per le spese fatte nel viaggio da Spagna in Sicilia; ma questo cavaliere, che non era meno generoso del Colonna, nobilmente il ricusò, e solo sappiamo che furono date le solite once cento al di lui cameriere maggiore (1146).
      Fu infausto quest’anno 1586 alla Sicilia per la carestia, che la tormentò. Le biade danneggiate dalla mancanza delle acque, e dai venti micidiali, erano quasi tutte secche prima che si maturassero, e la messe era stata scarsissima nell’anno 1585, sicchè entrando l’anno 1586 cominciò a sentirsi la fame e si vedeano arrivare alla giornata nelle principali città le torme dei poveri, che veniano per satollarsi. Il vicerè, che avea poco prima osservate in Napoli le tumultuazioni, che vi si erano suscitate appunto per la mancanza del pane, temendo che questo flagello non apportasse in Sicilia una simile sollevazione, non intralasciò diligenza veruna, perchè tutte le città, e terre fossero in tempo proviste di viveri, coi quali potesse sussistere la povera gente.