Or per ridurci all’anno 1586, da cui ci hanno distratto le opere pubbliche fattesi dal detto vicerè, egli è a sapersi, che lo spirito di sedizione, ch’era cominciato a dominare in Malta sotto il magistero di Giovanni de la Cassiere, continuò a regnare sotto quello del suo successore Ugone de Verdalle, il quale non era meno vigilante, ed austero di quello. Perduta che sia una volta la dovuta sommissione al superiore, e introdottasi ne’ sudditi una quasi indipendenza, è molto malagevole il rimettere le cose nel pristino stato. Ogni determinazione fatta da chi presiede per risecare gli abusi, e mettere ordine a’ sconcerti, è malamente appresa dagl’indisciplinati suggetti. Quindi arrivarono al soglio pontifizio, come al capo principale della religione, frequenti lamenti de’ cavalieri contro il gran maestro. Sisto V, che lo amava, lo chiamò a Roma, come ad alcuni è piacciuto, e lo stesso de Verdalle si determinò l’anno 1587 di andarvi, per giustificarsi delle accuse, che se gli facevano. La partenza di questi da Malta non piacea al nostro vicerè, il quale sospettava che restando quella isola nelle mani de’ congiurati, questi non la consegnassero a qualche potente nemico della corona di Spagna; laonde prese il partito di mandargli il generale delle galee di Sicilia, il commendatore Alfonso Martines de Leida, con sette triremi sotto il pretesto di accompagnare a Roma, come fece, il detto gran maestro, ma in verità per lasciarvi seicento fanti spagnuoli, i quali servissero alla guardia di quelle fortificazioni (1153). Immaginò il papa, che decorando il Verdalle colla sacra porpora, sarebbono più agevolmente cessati gli ammutinamenti, e perciò elettolo cardinale, lo rimandò a Malta (1154).