Chiamò poi nello stesso palagio i tribunali della gran corte, del patrimonio, e del concistoro, che prima rendevano giustizia nelle stanze superiori della vicaria, assegnando a ciascheduno di quei magistrati comode abitazioni, e rendendo così più agevole la via ai litiganti di disbrigare i loro affari. In questa occasione fu eseguito l’ordine reale di Filippo II arrivato sotto il viceregnato di Colonna, e fino allora trascurato, cioè che i presidenti dei detti tribunali, i tre maestri razionati giureperiti, gli avvocati fiscali, e il consultore dovessero vestire la toga in tutti i luoghi pubblici, e lo stesso fu prescritto dal vicerè per i sei giudici della gran corte, e per i tre dei concistoro, durante il biennio della loro giudicatura (1226). Questa prammatica fu in uso presso i nostri togati civili, e criminali fino ai principî di questo secolo; e particolarmente i presidenti non abbandonavano giammai la toga, mentre erano in città, in qualunque luogo andassero. Ma di poi a poco a poco si è trascurato questo costume, e i togati vanno solo in toga, quando entrano nei tribunali per agitare le cause, quando sono chiamati dal vicerè, o vanno al regio palagio per parlargli, e quando accompagnano il vicerè nelle funzioni pubbliche in forma di sacro consiglio. Racconta il di Giovanni (1227), che il Macqueda concesse alla città di Palermo il mercato che nondimeno non potè avere effetto per conto delle regie gabelle. Se si fosse avuto presente questo esempio, e si fosse avvertito, che nella detta città sempre vi è il mercato venendo giornalmente gli abitanti dalle campagne, e terre vicine a recare i loro prodotti per venderli, quando l’anno 1782, essendo pretore il principe di Partanna, fu proposto al marchese Caraccioli di accordare il mercato una volta la settimana nella piazza della Marina, questo governante si sarebbe negato alla dimanda; e coloro, che lo progettarono, non avrebbono avuto il rossore di osservare la vita effimera di questo loro progetto.