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      Qualunque siane stata la verità, egli è certo per attestato di coloro stessi, che ne favellano, che questa impresa riuscì vana; giacchè partite da Malta le galee della religione con quelle di Napoli, e di Sicilia, ed arrivate felicemente nelle vicinanze di Tripoli, trovarono que’ Mori preparati alla difesa; e perciò non avendo forze bastanti per assalirli, se ne tornarono colle pive nel sacco, le galee della religione in Malta, le nostre nel regno, e le napolitane prima a Palermo, e poi a Napoli. L’impresa, di cui non si dubita, e che riuscì del pari infelice, fu quella di Algeri, per la quale furono anche collegati il papa, il gran duca di Toscana, il duca di Savoja, i Genovesi, e i Maltesi. Può leggersi la storia di questa spedizione presso varî scrittori, che la rammentano (1232). Per quel, che appartiene al nostro argomento, dobbiamo avvertire, che il principe Doria destinato per capo di questa impresa prima di portarsi a Trapani, dove dovea radunarsi tutta la flotta, venne a Palermo, ove arrivò a’ 27 di luglio 1600, e montando su di un cocchio colle bandiruole calate, per non essere conosciuto, andò a dirittura al regio palagio. Ivi dopo di avere conferito col vicerè, prese seco il di lui primogenito, che volle da volontario militare in questa campagna, ritornò a bordo e levò le vele verso Trapani (1233) (1234).
      Avea il duca di Macqueda convocato nello stesso mese l’ordinario triennale parlamento; [268] e rappresentando agli ordini dello stato il bisogno, in cui era il re per le spese fatte, e da farsi, per tenere lontani dal regno i nemici, ottenne in risposta a’ 27 di esso mese, che il regno era pronto a rinnovare, come rinnovava, il consueto donativo di trecento mila fiorini, e di prorogare, come prorogava, gli altri per le fortificazioni, per i regî palagi, per i ponti, per le torri, e per la cavallerìa; e inoltre furono da’ medesimi parlamentarî fatte tre straordinarie offerte: l’una allo stesso vicerè di venticinque mila scudi, oltre i soliti cinque mila fiorini, e ciò per quanto egli avea fatto in vantaggio del pubblico: dono, che fu da lui gradito, ed accettato, discostandosi in questo dall’esempio de’ suoi predecessori; l’altra di ventimila scudi per fortificare Capo-passero, come si era fatto coll’isola dell’Ustica nel parlamento antecedente, e ciò affine di togliere ogni asilo a’ corsari; e una terza di tremila scudi da pagarsi all’ospedale de’ Siciliani, ch’era nella città di Roma.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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