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      Aizzati gl’inquisitori dal vedere sciolti i giudici dalla censura, si scagliarono come tigri contro l’arcivescovo; ed ebbero la temerità di scomunicarlo, e di minacciare di mettere l’interdetto nella di lui diocesi, se non rivocava in un dato termine la data assoluzione. Come poi immaginavano che l’arcivescovo avrebbe protestato contro di questa violenta azione, e che il vicerè irritato li avrebbe costretti colla forza a ritrattarsi, chiamarono al palagio del S. Uffizio tutti i loro familiari, ch’erano di un numero stragrande, dei quali una buona parte era composta dai nobili, che armarono in difesa dell’inquisizione, e radunatili fecero chiudere il portone della loro abitazione.
      Questa strana, e scenica condotta degli inquisitori siccome da una parte muoveva a riso, così dall’altra irritò vivamente l’animo del duca di Feria, il quale volendo gastigare la loro audacia, spedì mille spagnuoli della sua guardia col contestabile, e il boja, con ordine, se mai alcuno facesse resistenza, di tosto impiccarlo. Marciò dunque questa truppa a tamburro battente, e in ordine militare verso la piazza della Marina, e al palagio una volta detto lo Steri reso la dimora degl’inquisitori, ed arrivata alla dogana, che sta attaccata a quel palagio, si trincerò, e si dispose ad eseguire gli ordini del vicerè. Allora si vide una nuova scena. Intimoriti gl’inquisitori, e i loro familiari all’apparire della truppa regolata, inalberarono non già lo stendardo di pace, ma quello del S. Uffizio, lusingandosi che gli Spagnuoli al vedere l’immagine del Crocifisso, che vi sta impressa, avrebbono deposte le armi, e si sarebbono ritirati.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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