Andossene così accompagnata al regio palagio, dove si trovò l’arcivescovo, che diede agli sposi la nuziale benedizione; e allora si udì il rimbombo delle artiglierie del castello, e dei bastioni della città. Si fermò nel regio palagio fino a’ 17 del mese di ottobre, nel qual tempo furono fatte in città varie feste, e particolarmente il giuoco del Carusello. Nel detto giorno poi montò in una carrozza del vicerè, e dal medesimo, che stava a cavallo con tutta la nobiltà, fu accompagnata fino al palagio di sua abitazione, seguendola in altre carrozze le dame di sua compagnia (1248).
      Fu temuta in quest’anno una qualche invasione de’ Turchi. Era Maometto III irritato contro i Maltesi, che gli aveano gli anni antecedenti incendiato, e preso le città di Patrasso, e di Lepanto, facendo su quelle piazze un considerabile bottino; e per vendicarsene avea fatta preparare nel porto di Navarino una numerosa flotta, che già era uscita da’ Dardanelli, e non aspettava che l’ordine del divano per levare le ancore. Se Malta si preparò ad una valida difesa, avendo fondamento di credere che questo turbine dovea piombare contro di essa, la Sicilia non stava tranquilla, persuasa, che, come scrisse il poeta (1249):
      ... Tua res agitur, paries cum proximus ardet,
      Et neglecta solent incendia sumere vires.
      E perciò il duca di Feria non trascurò di scrivere delle circolari per tutta l’isola, avvertendo che si stasse in guardia per la difesa dei lidi marittimi. Presto però svanirono i timori; una micidiale pestilenza assalì l’armata turca, che rientrò a Costantinopoli, ed essendovi morti a migliaja i soldati, e i marinari, e lo stesso sultano Maometto, la meditata impresa non ebbe effetto, nè Achmet successore del morto gran signore, uomo pacifico, pensò ad inquietarci.