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      Si conobbe sin d’allora l’incoerenza di questa legge cotanto pregiudizievole agl’interessi de’ banchi, e perciò non fu eseguita. Trovando il marchese di Vigliena le cose in questo stato, pensò ch’era necessario di abolire le monete tagliate, e di farne coniare delle nuove. Ottenne perciò trecento mila scudi, cencinquanta dalla città di Palermo, ed altrettanti da Messina; e riputava che con questo denaro si sarebbe rinnovata la moneta, e a misura che questa si coniava, si sarebbe estinta la vecchia. Ma questo saggio provvedimento non potè per allora avere il suo effetto per molti ostacoli, che si frapposero.
      E prima di ogni altra cosa impedì l’esecuzione di questo regolamento la disparità de’ pareri dei ministri del real patrimonio intorno alla lega, che dovea darsi alla nuova moneta. Molti di essi opinavano che per risarcire il danno, che i banchi di Palermo, e di Messina, e il regio erario sofferto aveano, era espediente di coniarla d’inferiore condizione; ma contradicevano quelli, i quali consideravano che da questo deterioramento della moneta ne sarebbe risultato uno irreparabile sconcerto nel commercio, e che gli stranieri avrebbono ricusato di contracambiare le loro derrate con una moneta, il di cui valore fosse minore del solito, sebbene il peso corrispondesse. Insorse ancora questione per stabilirsi qual conio dovesse mettersi alla nuova moneta, e come potesse fabbricarsi in guisa, che si conoscesse in avvenire s’era tagliata.
      Ma il massimo degli ostacoli nascea dalle reciproche pretensioni de’ Palermitani, e de’ Messinesi.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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