Il maresciallo di Crequì da un lato unito ai duchi di Savoja, di Mantova, e di Parma, e dall’altro il marchese di Luganes, con cui era collegato il duca di Modena, tenevano la campagna, ed erano alle mani in continue ora scaramuccie, ora battaglie, per le quali erano recise a migliaja le vite degli uomini, ed erano saccheggiate, e dirupate le città, e le castella, senza che ne traessero o gli uni o gli altri veruno reale profitto. Invano Urbano VIII, e con esso il gran duca di Toscana, guardando con occhio compassionevole le rovine di così belle contrade, progettavano modi di far cessare tanto scempio. Quando parea loro di essere in porto, sorgevano nuovi ostacoli, che li allontanavano dal desiato lido.
      Queste continove guerre, che non davano respiro a’ principi belligeranti, esaurivano le loro casse, e li obbligavano a provvedersi di denaro in qualunque modo, per supplire alle ingenti spese per il mantenimento delle armate. Malgrado i replicati donativi ordinarî, e straordinarî, che la Sicilia oramai smunta, e desolata avea offerti al suo re, era tuttavia Filippo IV così aggravato di debiti, che fu costretto di vendere il suo patrimonio, che possedeva in questo regno, e nondimeno continuava a soffrire la stessa penuria di denaro. Scrisse perciò al duca di Montalto, la di cui elezione avea approvata, che convocasse gli ordini dello stato nuovamente, affine di ottenere nuovi sovvenimenti. Intimò dunque questo presidente la straordinaria adunanza di tutti gli ordini in Palermo per i 29 di giugno dell’anno 1636 nel suo proprio palagio, dove si era fermato, e nel detto giorno colla possibile efficacia propose a’ parlamentarî la dimanda del re Cattolico.