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      Ma ciò, che accrebbe l’ardire della sfrenata moltitudine, e diè principio al secondo atto della nostra tragedia, fu l’esempio di Napoli, dove per le gabelle imposte dal duca di Arcos si era il popolo levato a tumulto ai 7 di luglio 1647, ed avea eletto per capo un certo Tommaso Aniello, detto volgarmente Masaniello pescivendolo, il quale col favore della plebe surse a tanta autorità, che fu dichiarato capitano generale del fedelissimo popolo, e fe tremare non solo il vicerè, e il ministero, ma la nobiltà ancora di Napoli, dalla quale era rispettato, come se fosse un signore di alto rango (1542). La grande autorità, che costui avea usurpata in Napoli, e gli onori, che ricevea, che la menzogniera fama esagerava, erano gli oggetti dei discorsi degli oziosi, e dei malcontenti, che stavano sempre in segrete conferenze. Il desiderio di farsi grande, che nasce, e muore con noi, in certuni di essi eccitava la speranza di potersi agguagliare a Masaniello.
      Erano una notte in una taverna in Palermo presso la parrocchia di S. Antonio Giuseppe di Alesi tiratore di oro, Giuseppe Errante console dei correggiari, Francesco Danieli console dei conciapelli, Vincenzo Ragona, e Gio: Battista dell’Aquila della stessa professione del Danieli, ai quali si unirono due vagabondi, che non aveano arte veruna, cioè Giacomo Conti, e Pietro Pertuso. Costoro dopo di essersi ubbriacati, chiacchierando sopra il presente stato di Palermo, e sulle rivoluzioni di Napoli, conchiusero pieni di vino, che questo fosse il tempo di scuotere il giogo dei ministri, ma che bisognava dare un capo al popolo già pronto a tumultuare.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



Appendice - Indici - Note




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