Quantunque il Troina avesse date alla città mille, e cinquecento salme di grano, che era un bastante soccorso per alimentare gli abitanti, e avesse somministrato a quel magistrato civico la somma di cento mila scudi per isgravarlo dei debiti (1586), pur nondimeno i facinorosi strepitavano contro di esso, e gli minacciavano il saccheggio del palagio vescovale, e per fino la morte, sul pretesto che ei tenesse i suoi magazzini chiusi per affamare la città. Gli fu d’uopo di ritirarsi alla città di Naro, dove neppure lasciarono quei scellerati d’insultarlo; a tal che il Trivulzio, per salvarlo, il chiamò in Palermo sotto il pretesto di dar conto di sua condotta. Avendo poi meglio conosciuto, quanto avea fatto questo vescovo a favore di Girgenti, ordinò a Giuseppe Montaperto marchese di Montaperto cavaliere di somma esperienza, e fedelissimo al sovrano, che riducesse colla forza i sollevati; ed egli valendosi dei suoi vassalli chiamati al suo soccorso, ebbe in potere i capipopoli, e severamente castigandoli rese la quiete a quella città (1587).
      Ritrovavasi prima dell’accennato parlamento in Messina, dove era arrivata ai 27 di settembre la squadra spagnuola, il principe Giovanni d’Austria figliuolo naturale del re, il quale sebbene non avesse ancora spiegato il carattere di vicerè di Sicilia, perchè ancora non ne era il tempo, fe nondimeno sapere al cardinal Trivulzio, che avea necessità di conferire con esso, e perciò l’invitò ad andare in quella città. Scusossi dall’andarvi il cardinale (1588), assegnando per motivo, che molto ancora gli restava a fare in Palermo, e principalmente perchè dovea compiere i due baluardi eretti per la difesa del regio palagio.